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Starita “corretta”: Indice
Riproduzione delle pagine 3 e 4 (recto e verso) dell’ed. Starita cosiddetta corretta. Si badi bene, riproduzione, e non foto: nell’originale l’inchiostro, specie nel tratto pesante di Leopardi, finisce per infiltrarsi ed essere assorbito anche dal retro, cosa che la riproduzione, elegantemente, evita. Se da un lato ciò non rispetta lo stato attuale dell’autografo, dall’altro è paradossalmente più fedele allo stato del’originale qual era ai tempi di Leopardi, quando gli agenti chimici avevano appena iniziato il loro lavoro.
Può sembrare strano commentare l’indice, ma, se il detto del Warburg coglie nel segno, la verità spesso si cela nei particolari, e davvero anche l’indice della Starita corretta offre al filologo più di una notizia interessante. Innanzitutto le due macroscopiche correzioni del Leopardi, che danno drammatica idea, col loro tratto così spesso e così pesante, della stanchezza fisica e della povera vista del poeta. Poi le altre correzioni più minute, di mano del Ranieri perché ormai impossibili a Giacomo. Di là dalla commozione il filologo dovrà notare: 1) La virgola dopo ginestra, nel titolo del canto 34: molti, troppi editori l’hanno omessa senza tener conto di questo luogo. 2) Nell’indice i titoli dei singoli canti hanno di regola l’in-fuori; ovvero la riga successiva, quando il titolo è lungo, rientra; se qualcuno se ne è accorto, nessuno l’ha mai chiosato. Se n’era però accorto, e l’aveva applicato, il tipografo di un’edizione pirata della Le Monnier (1860, sa Iddio dove). E in effetti la Le Monnier 1845 usava questa “formattazione”, ripresa per altro, oltre che dalla Starita, dalla fiorentina del Piatti, e quindi non casuale, ma voluta dall’autore. Se sul piano strettamente ecdotico la notizia è di scarso valore, su quello biografico e sentimentale, va rapportata a un gusto estetico per il libro che si manifesta già nell’infanzia, nei quaderni accuratamente preparati illustrati e rilegati, poi negli altrettanto curati lavori giovanili in preparazione di eventuali stampe (es. Triopee, Appressamento della morte), e di poi nelle stampe stesse e nelle critiche alle medesime quando esteticamente trascurate (es. la Bourliè 1818 ). Infine una curiosità, che segnalo perché non coinvolge solo i sé dicenti editori internettiani (vedansi la summenzionata pirata del 1860, l’ottocentesca Sonzogno, la Hoepli del Nulli, e la stessa Le Monnier, fin dal 1849 scorretta a testo se non nell’indice): «accommiatandosi» si scrive con due emme…; lo so, hanno clonato tutti il testo dal Bonghi o da LiberLiber. Ma l’amico Bonghi alla fin fine, si è corretto. Sta di fatto che se oggi [04-11/10] si digita su Google “partire, accomiatandosi” (virgolette comprese) si ottengono 175 risultati, se si digita la forma giusta 40: come ben sa il lettore leopardiano, gli uomini prediligono le tenebre alla luce.
© 31-10/2010 —>
07.11.2010