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La fonte leopardiana del sonetto, secondo Maria Corti, più che la celeberrima traduzione dell’Iliade del Cesarotti (si ricordi che ancora Giacomo non aveva studiato la lingua greca), fu quella men celebre, ma allora in voga di Giacinto Ceruti (a quanto sembra digitalizzata in più versioni da Google, ma stranamente non usufruibile). Venne per la prima volta pubblicato in G. L., Puerili e abbozzi vari, a cura di A. Donati, Bari 1924, poi ripreso dai seguenti editori (Flora, Binni-Ghidetti, Rigoni) tutti con indebiti aggiustamenti della grafia. Io ne presento il testo seguendo la solita Maria Corti, ma aggiungendo, al solito, punto fermo a titolo e genere, omessi per criteri editoriali dalla studiosa. Una riproduzione dell’autografo si ritrova nell’Album Leopardi collaterale all’edizione Damiani-Rigoni (cfr. in rete Viaggi nel Testo ecc.; 02-10/2010), che conferma appieno le mie scelte. Da notare gli in-fuori invece che gli in-dentro, e l’assoluta mancanza di interlineee. Viceversa, la numerazione aggiunta ai versi non è leopardiana.

 

La composizione, che risale al 1809, per testimonianza stessa del poeta, sarebbe la sua prima prova di poesia: «La morte di Ettore. Sonetto, il quale fu la prima mia Poetica composizione. 1809» (cfr. Indici, Binni-Ghidetti, p. 996). Ciò è d’altronde confermato dal fatto che ne esiste una versione isolata, diversamente da questa non compresa in alcun quadernetto, con alcune varianti; il che attesta l’attenzione dell’aspirante poeta al dato formale. Per la grafia si notino l’uso delle maiuscole (Numi, Eroe), quel “innorridito” con la doppia “n”, nonché l’uso della “j”, che verrà abbandonato nel 1817-18. Per maggiori informazioni rimando a Maria Corti.

 

 

A latere – Frontespizio del primo tomo, contenente i primi otto canti dell’Iliade, della traduzione del Ceruti, per i tipi del Zatta, in Venezia. Nella prefazione vien spiegato il perché della scelta del traduttore da parte dell’editore, rispetto alla più famosa versione del Cesarotti. Il «sig. Ab. Giacinto Ceruti» venne preferito in quanto «più popolare, benché meno accurato del primo», riconoscendo bensì il merito al «Sig. Cesarotti» il quale è «da leggersi come interprete», ma «dando il Ceruti da leggersi come traduttore d’Omero»; giudizio in certa misura condivisibile. La scansione è effettuata su testo di proprietà.

  Iliade, traduzione di G. Ceruti

 

 

 

La Morte di Ettore.

SONETTO.

 

Fermati, duce, non ti basta? ah mira

Come a te s’avvicina Achille il forte,

Che gran furore, e insiem vendetta spira,

E inferocito anela alla tua morte.

Ettor non m’ode, e alla battaglia aspira;

Ah che quivi l’attende iniqua sorte!

Ei vibra il ferro: quegli si raggira,

E schiva il colpo colle braccia accorte.

Drizza poi l’asta sfolgorante luce;

Fermano il corso per mestizia i fiumi;

Già vola il crudo acciar… fermati, o truce.

Torcon lo sguardo innorridito i Numi;

Il colpo arrivò già; cadde il gran duce,

Cadde l’Eroe di Troja, e chiuse i lumi.

 

 

 

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v. 9 sfolgorante – ol (sfolgorante) appare ricalcato, prob. per errore di Leopardi copista di se stesso.

v. 11 acciar… da un preced. [acciar,] è correzione immediata in quanto lo spazio, non breve, fra acciar e fermati non si giustifica se non con i tre punti. Prob. altro errore di copia.

v. 13 La I di Il colpo appare marcatamente ricalcata.

 

Lezz. del foglio isolato: 6. A che   9. Alza poi   11. Già scende il    inorridito 13. Il colpo già calò (così la Corti, ma inorridito (notare la scempia) va evidentemente riferito al v. 12. Si concederà questa svista alla benemerita editrice.

 

 

 

© 07-05/2010—> 02.10.2010