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I.

Il progetto leopardiano di storia di una monacazione forzata, tema che tanta fortuna avrà nell’Ottocento, da Manzoni a Verga, da Carrer a Pascoli, e altri, venne pubblicato la prima volta negli Scritti vari inediti, nella sezione Abbozzi e appunti per opere da comporre, rubrica sotto la quale la Commissione governativa presieduta dal Carducci aveva isolato negli autografi napoletani – di cui il presente è quello siglato AN XI, 10 bis secondo il Flora, cui corrisponde con evidenza il Fava, p. 8, sotto XI, 10 bis h 8, e che chiosa: «Abbozzo (“Storia di una povera monaca di Osimo” ec.: S. V. p. 391-392): c. 1» – alcuni progetti letterari «scritti in piccoli foglietti staccati senza indicazione di tempo». Un tempo, almeno approssimativo, volle darglielo il Flora (cui va il merito di aver accorpato gli Abbozzi ai Disegni letterari, fondati sugli autografi recanatesi, editi dal Cugnoni 1880), per il quale esso «Risale probabilmente al 1819»; tale datazione vien comunemente accettata anche dagli editori posteriori (Ghidetti, Damiani) e niente in effetti vieta di accoglierla, in quanto sappiamo essere di questo periodo la redazione di un gran numero di progetti, per i quali opportunamente il Damiani richiama la lettera al Giordani del 5 gennaio 1821: «leggo e scrivo e fo tanti disegni, che a voler colorire e terminare quei soli che ho, non solamente schizzati, ma delineati, fo conto che non mi basterebbero quattro vite». Al 1819 ci rimanda anche l’interesse coevo per la cronaca locale, come nel caso della canzone Nella morte di una donna fatta trucidare col suo portato, databile ai primi mesi di quel anno, anche se in questo caso, a dir il vero si tratta di un triste episodio avvenuto diciotto anni prima, il 25 ottobre del 1801, ma di cui si era certo parlato a lungo in Recanati, e d’altronde fedelmente registrato e intelligentemente commentato da Monaldo Leopardi, nelle sue Memorie inedite (poi in parte edite dall’Antona-Traversi); sorta di diario ove questo racconto trova curiosamente posto dietro ai ricordi della vaccinazione dei figli, nei giorni precedenti, seguito immediatamente, il giorno dopo, da un appunto sulla coltivazione delle patate.

Si riproduce il testo del disegno secondo la lezione degli Scritti vari, che non presenta divergenze da quella del Flora e degli editori seguenti. Si riproduce di seguito il brano di Monaldo, sulla scorta dell’Antona-Traversi.

 

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Dagli Scritti vari inediti di G. L. dalle carte napoletane, Firenze, Successori Le Monnier, 1906, p. 391 s.

Storia di una povera Monaca nativa di Osimo che disperata essendosi monacata per forza, si uccise gettandosi da una finestra del suo monastero di S. Stefano in Recanati. Questa aveva una compagna monaca confidente de’ suoi pensieri. Chiese al Papa e ottenne il permesso di smonacarsi, ma i suoi parenti non la rivollero in casa, ed ella fu costretta a rimanere. Si potrà fingere che la compagna per simile licenza ottenuta uscisse effettivamente, e dipingere la loro separazione, e lo stato della infelice dopo tale partenza. Chiese un veleno (deliberata di morire) al Chirurgo Giordani che ne restò compreso d’infinita compassione, come palesò ad alcuni. Si dovrà dipingere i gradi che l’animo umano percorre per determinarsi al suicidio quando non vede più nella vita altro che un male, e dispera di poter mai migliorar sorte, come anche il contrasto colla religione, massime in una monaca. Fu da principio strapazzata infinitamente dalle superiore: poi data per pazza fu strettamente custodita, e datale una monaca continuamente per guardiana, essendosi scoperta la sua deliberazione di morire creduto o voluto credere effetto di pazzia. Finalmente offertasi una volta alla sua custode, di andarle a prendere in un’altra stanza un paio di forbici, e lasciata andare col dirle che non facesse qualche pazzia, si precipitò da una finestra.

 

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Dalle Memorie inedite di Monaldo Leopardi, in Documenti e notizie intorno alla famiglia Leopardi per servire alla compiuta biografia del poeta a cura di Camillo Antona-Traversi, Firenze, Libreria H. F. Münster editore (G. Goldschagg) 1888, p. 87 s.

25 8.bre — La povera Giacconi, monaca in questo monastero di Santo Stefano, nella sua età di circa quarant’anni, erasi recentemente impazzita, sebbene, per quanto si sa, non avesse mai dati segni di furore. Questa infelice era sempre stata malcontenta della sua sorte che, dicesi, avesse incontrata senza vocazione, o violentata, o per altra causa… Oggi, dopo il pranzo che aveva fatto unitamente alla comunità, poichè quantunque pazza, tolti i Sacramenti, prestavasi a tutti gli atti comuni, andata in una camera, e allontanata da sè, col pretesto di farle cercare qualche cosa, la monaca che la accompagnava, si è improvvisamente gettata dalla finestra del sottoposto claustro, ed è morta disgraziatamente sul punto.

Qual orrido conto devono rendere a Dio i Padri, le madri, le religiose, i vescovi, se per loro o violenze, o seduzioni, o trascuranza mettono delle povere figlie nella situazione di dovere un giorno disperate incontrare una sorte compagna.

 

© 19-12/2010 —> 10.11.2014