L’articolo era introdotto, nella pagina index, da queste mie parole: «L'otto per mille: a chi va veramente? (di Edgardo Bellini) – L'8 ‰ offerto in visione al nostro caritatevole perbenismo e alla nostra volenterosa accidia, che si vanificano nelle deleghe all'altrui misericordia. Devo questa pagina intelligente e documentata alla cortesia di un novello amico di rete, che senza affliggervi con le mie solite idiosincrasie, vi informerà in dettaglio su quello che gli spot pro Sancta Catholica Ecclesia non dicono.» [03-05-99] Tralascio invece il mio ulteriore commento, ove si denunciavano in maniera molto pesante e senza mezzi termini, l'ipocrisia e le mistificazioni di quegli Enti, non solo religiosi, che travestono sotto la parola beneficienza ciò che con la beneficienza nulla ha a che fare. Ma in quest'epoca di volgarità e maleducazione imperanti e sempre più montanti preferisco ora il cammino inverso. [23-06/2010] Precisazione doverosa, ora anche la Chiesa Valdese partecipa alla spartizione delle quote lasciate in bianco. [2011]
Nel periodo dell'anno in cui si compila la dichiarazione dei redditi, spuntano in televisione gli spot pubblicitari con cui la chiesa cattolica invita i contribuenti a destinarle le quote dell'otto per mille. Per effettuare una scelta pienamente consapevole, può essere utile tener presente qualche informazione sull'utilizzo di tali quote. Ad esempio, è opinione diffusa che la chiesa cattolica investa il ricavato dell'otto per mille in opere di beneficenza: ciò è vero solo in minima parte. Gli oltre 9.000 miliardi di lire che la chiesa cattolica ha raccolto nel decennio 1990-1999 sono stati spesi nel seguente modo (dati ufficiali della Conferenza Episcopale Italiana):
76,1 % (pari a circa 6.850 miliardi) per attività di catechesi e di culto e per gli stipendi dei sacerdoti. Per la chiesa cattolica questa voce costituisce di gran lunga il principale investimento dei soldi ricavati con l'otto per mille. Circa il 10 % del totale delle quote raccolte è stato speso nella costruzione di nuove chiese, mentre il 42 % è stato destinato alle retribuzioni dei sacerdoti; 4,5 % per i beni artistici e culturali; 10,2 % per progetti a favore del Terzo Mondo. Va precisato che non tutti i soldi stanziati a favore dei paesi in via di sviluppo sono destinati a progetti di beneficenza in senso stretto: ad esempio nel 1994 sono stati elargiti quasi due miliardi alla facoltà di Sociologia di Phnom Penh, in Cambogia, che sembrerebbero meglio configurarsi come sostegno ad attività di orientamento culturale, evidentemente di grande importanza, se si pensa che nello stesso anno soltanto 200 milioni sono stati versati alle famiglie dei malati di AIDS in Uganda (cfr. rendiconto CEI 1994 allo Stato Italiano); 9,2 % per attività di carità e di beneficenza sul territorio nazionale.
Come si vede, i soldi investiti in attività di tipo umanitario non raggiungono il 20 % del totale. Si deve inoltre sapere che se sulla dichiarazione dei redditi non viene fatta una scelta esplicita a favore di una confessione religiosa, le quote di otto per mille rimaste "in bianco" vengono comunque ripartite soltanto tra chiesa cattolica e Stato. Grazie a questo meccanismo (risalente al nuovo concordato firmato nel 1984 da Craxi) nel 1991, ad esempio, la chiesa cattolica ha incassato l'82 % del totale delle quote dell'otto per mille, pur avendo ottenuto in realtà soltanto il 48 % delle scelte espresse a favore.
Come si comportano, invece, le altre confessioni? A differenza della chiesa cattolica, tutte le altre confessioni richiedono le quote dell'otto per mille per scopi umanitari, assistenziali e culturali, ma non per attività di culto e di catechesi. Si può fare, ad esempio, un raffronto con la chiesa valdese, che nell'aderire alla distribuzione delle quote dell'otto per mille, ha fissato per sé i seguenti principi, di grande valore etico: 1) riscuotere solo le quote effettivamente attribuite dai contribuenti in suo favore (senza partecipare alla spartizione delle quote lasciate in bianco); 2) investire il 100 % del ricavo netto in attività di natura assistenziale, sociale o culturale. Pertanto, le quote raccolte non possono essere destinate al culto, alla catechesi o al sostentamento dei pastori. In questo caso, quindi, si è scelto di utilizzare le quote dei contribuenti come strumento autentico di beneficenza e di sostegno sociale, e non per le attività di carattere confessionale, che interessano solo una parte della collettività. Lo stesso orientamento è stato accolto dalle altre chiese "minori". La quota dell'otto per mille può insomma essere uno strumento per finanziare iniziative di assistenza sociale, umanitaria e di sviluppo culturale, oppure per promuovere attività religiose, di catechesi e di culto. Si può scegliere liberamente, secondo le proprie credenze: basta avere le idee chiare. |
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