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Elegia I
Elegia II
Scritti vari 1906, p. 48
Bibliografia

 

ARGOMENTI E ABBOZZI DI ELEGIE (nota critica)

I  primi tre argomenti (argom. I-III) e i sei versi immediatamente successivi (IV) si leggono in AN, XV, 20, ovvero «Due foglietti piegati a metà con pochi versi e note manoscritte»1. I sei versi corrispondono bene al primo argomento, nel quale si accenna anche alla «prima Elegia», da identificarsi con quella che in seguito verrà pubblicata nei Versi 1826 col titolo Elegia I, che poi diverrà il canto X,  Il primo amore; evidentemente già composta, e ne fa fede, in ogni caso, anche il Diario del primo amore. Per cui non è campata in aria l’idea di guardare a questi sei versi come l’inizio di una non improbabile Elegia II, databile, con buona probabilità, assai vicino al secondo argomento; il quale ci rimanda espressamente al 29 giugno 1818 («Oggi finisco il ventesim’anno»). Ad esso corrispondono le altre due terzine (abbozzo VI), se non scoperte, certo rese note dal grande Emilio Peruzzi2. Queste terzine si trovano alla fine dell’autografo de Il primo amore (AN, XV, 1 c. 19 r.), e sono forse l’inizio di una progettata elegia III. Per esclusione considererei il terzo argomento (e non il secondo, come crede il Rigoni 1987) come quello originale dell’elegia IV (questa sì realizzata, e pubblicata, sempre nei Versi 1826, col titolo Elegia II). E in effetti qualche punto di contatto non manca3, ma appaiono anche evidenti contaminazioni, in particolare col quarto argomento (V) che si trova invece nel foglietto contenente gli argomenti degli idilli4 e degli inni cristiani (AN, ma non ne conosco l’esatta collocazione) e che vien fatto usualmente risalire al 1819. D’altro canto gli espressi richiami del terzo argomento alla Cantica mi fan pensare a una sorta di collage, di cui forse è segno la mutata “indentazione” nell’autografo dell’Elegia IV (poi Elegia II) a partire dai vv. 40 ss., forse più  tardi, e forse non di poco, rispetto ai precedenti. Ciò spiegherebbe meglio, a posteriori – e non solo a priori come già notava il Moroncini5– il fatto che da ultimo, nella Starita, il Leopardi, consapevole forse della non perfetta giunzione, riprendesse i soli vv. 40-54 dell’Elegia. Mi scuso della confusione di quanto precede, ma essa riflette, per così dire, quella del Leopardi, che, attorno al 1818-19, pensava ancora a un cospicuo recupero della Cantica, che però, coll’andar del tempo, se non altro per il mutato rapporto avverso la fede trádita dei padri, si sarebbe presentato sempre più problematico.

 

Nota – Testo di I-V secondo il Flora, di VI secondo il Peruzzi,  che, rispetto all’autografo, stranamente esagera gli in-dentro, la cui lunghezza è qui ripristinata.  I caratteri in corsivo-grassetto sono scritti nell’autografo in ebraico (con grafia rigorosamente destrorsa, cfr. riproduzione degli Scritti vari). Evidentemente Leopardi, data la non “ortodossia” dell’argomento, che trattava pur sempre di una cugina, oltretutto sposata (il che non escludeva che ella potesse portarsi a spasso un cavalier servente…6), temeva sguardi indiscreti. I titoli, quando presenti, sono leopardiani, ma non necessariamente centrati: il Mestica li leggeva di seguito: «Argomento di un’elegia. Io giuro al cielo…», e così gli altri.

 

 

1 – Così, se ho interpretato bene, il vecchio ma ancor utilissimo Catalogo dell’Antona-Traversi 1889, p. 19.

2 – Ed. crit. Canti 1981, p. 251 s.

3 – O campi o fiori = v. 46 o terra o piante; Non sai ch’io τ’amo = v.61 s. e questo amore | Ch’io ti porto non sai. Ma ve ne sono altri, se pur di minore evidenza.

4 – Da non confondere con gli apocrifi editi dal Cozza-Luzi 1898.

5 – Cfr. Moroncini 1927, p. 664.

6 – Particolare non troppo gradito dal fratello Carlo, che, a distanza di un anno, s’era a sua volta invaghito della Cassi. Ma che questa, criticasse alle spalle il detto cavaliere (Mestica 1901, p. 66 s.), v’è da immaginarlo, oltre che a Carlo non sarà andato a genio nemmeno a Giacomo. E può darsi che ciò abbia influito nell’abbandono del progetto che si era venuto configurando a metà 1818.

 

[Argomenti e abbozzi d’elegie: testo]

 

[I] ARGOMENTO DI UN’ELEGIA.

[AN XV, 20; Mestica 1899, p. 168 s.; Scritti vari 1906, p. 48; Flora p. 381; 1133]

 

Io giuro al cielo, ec. O donna ec. nè tu per questo, ec. io m’immagino quel momento, ec. Non ho mai provato che soffra chi comparisce innanzi ec. essendo ec. ἐρώμενος. ec. giacchè io sinchè la vidi non  λ’amai. io gelo e tremo solo in pensarvi or che sarà ec. Che posso io fare περ τε? che soffrire che τι sia utile. Benché io già  ἠρώμην σου (che cosi si è detto nella prima Elegia) non era ben deciso nè conosceva l’αμωρη quand’io τυ compariva innanzi.

 

[II] D’UN’ALTRA.

[AN XV, 20; Mestica 1901, p.169; Scritti vari 1906, p. 48; Flora p. 381; 1133]

 

Oggi finisco il ventesim’anno. Misero me che ho fatto? Ancora nessun fatto grande. Torpido giaccio tra le mura paterne. Ho amato τε σωλα. (1) Ο mio core. ec. non ho sentito passione, non mi sono agitato ec. fuorchè per la morte che mi minacciava, ec. Oh che fai ? Pur sei grande ec. ec. ec. Sento gli urti tuoi ec. Non so che vogli. che mi spingi a cantare a fare nè so che. ec. Che aspetti? Passerà la gioventù e il bollore ec. Misero ec. E come πιακερὼ a τε senza grandi fatti? ec.ec.ec. O patria o patria mia ec. che farò (2) non posso spargere il sangue per te che non esisti più. ec. ec. ec. che farò di grande? come piacerò a te? in che opera per chi (3) per qual patria spanderò i sudori i dolori il sangue mio?

 

[III] D’UN’ALTRA.

[AN XV, 20; Mestica 1901, p. 169; Scritti vari 1906, p. 49; Flora p. 382; 1133]

 

Non sai ch’io (4) τ’amo. (5) ec. O campi o fiori ec. ec. Ma non importa ec. Mi basta di soffrire περ θε. Non ti sognasti mai, non desiderasti non pensasti d’ essere amata ec. Non merito che tu μ’ami ec. Mi basta il mio dolore la purità de’ miei pensieri l’ardore la infelicità dell’amor mio. Non te lo manifesto per non gittar sospetti in te che non crederesti pienamente alla purità ec. Nato al pianto mi contento anche in questo amore d’essere infelicissimo.

 

[IV]

[AN XV, 20; Mestica 1901, p. 71; Scritti vari 1906, p. 49; Flora p. 382; 1133]

 

Io giuro al ciel che rivedrò la mia
Donna lontana ond’il (6) mio cor non tace
Ancor posando e palpitar desia. (7)

Giuro che perderò questa mia pace
Un’ altra volta poi ch’il pianger solo
Per lei tuttora e ’1 sospirar mi piace.

 

[V]

[AN; Scritti vari 1906, p. 51; Flora p. 382 s.; 1133]

 

Elegia di un innamorato in mezzo a una tempesta che si getta in mezzo ai venti e prende piacere dei pericoli che gli crea il temporale ed egli stesso errando per burroni ec. E infine rimettendosi la calma e spuntando il sole e tornando gli uccelli al canto (dove si potrebbono porre quelle terzine ch’io ho segnate ne’ pensieri) si lagna che tutto si riposa e calma fuorché il suo cuore. Anche si potranno intorno al serenarsi del cielo usare le immagini del Canto secondo e quarto della mia Cantica. Io vedo ec. Gli uccei girarsi basso per la valle: Poco può star che s’alzi una tempesta. Donna donna io non ispero che tu mi possa amar mai: povero me non mi amare no, non lo merito, infelicissimo non ho altro altro (8) che questo povero cuore, non mi ami, non mi curi, non ho speranza nessuna: Oh s’io potessi morire! oh turbini ec. Ecco comincia a tonare: venite qua, spingetelo o venti il temporale su di me. Voglio andare su quella montagna dove vedo che le querce si movono e agitano assai. Poi giungendo il nembo sguazzi fra l’acqua e i lampi e il vento ec. e partendo lo richiami.

 

[VI]

[AN, XV, 1, c. 19 r.; Porena 1911; Peruzzi 1981 p. 252]

 

Ecco da poi che le pupille ignude
Sentii di schermo incontro ai primi raggi
Il ventesimo sole oggi si chiude.

Misero, e che fec’io? qual appo i saggi
Lodevol opra, e che d’obblio mi giovi (vaglia)
Per lunga etade a raffrenar gli oltraggi?

 

 

1 – Il punto nel Flora è ambiguo e non stupisce che Binni e Rigoni l’abbiano scambiato per una virgola. Ma, a parte il senso e l’usus, mi sembra piuttosto un refuso di stampa, per cui preferisco la lettura degli Scritti vari 1906, già del Mestica 1901.

2 – Mestica Flora; gli Scritti vari aggiungono la virgola: «farò, non posso…».

3 – Mestica, Flora; aggiungono due virgole gli Scritti vari: « opera, per chi, per qual patria»

4 ch’io. ( Scritti vari, ma il punto è decisamente fuori luogo)..

5 – «τ’amo. ec» (Mestica, e diversam. dal prec. il punto non si può escludere).

6 onde il Mestica.

7 desia: Mestica.

8non ho altro che… Rigoni 1987.

 

 

 

© 01-06/2010—> 02.06.2010