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(agosto 1836)
Nota testuale: Testo secondo l’edizione Flora 1949 (3a ed.), poi ricontrollato, senza trovar divergenze, con la riproduzione dell’autografo, mentre i Binni-Ghidetti e il Rigoni, che scrivono erroneamente minuscolo l’Italiano del v. 9, si rifanno a un’ed. precedente dello stesso Flora (non ho visto la seconda del 1945, ma la prima, del 1940, effettivamente ha la minuscola). Il testo in rete della «Biblioteca Italiana» presenta al v. 12 la simpatica corruttela «a farti noia» (17-03/2010). Il primo editore è stato il Cugnoni 1880, p. xxiv ss., che pubblicò l’epigramma sulla base di una trascrizione datagli nel 1876 dal Marchese Gaetano Ferraioli, che l’aveva eseguita su di un esemplare posseduto dal Cav. Domenico Bianchini, cui l’aveva donato Angelo Beatrice, il quale, e siamo finalmente alla fine, lo aveva direttamente copiato dall’originale leopardiano. E occorre dire, con molta cura, ché si stacca dal Flora solo al v. 6, ove il Cugnoni1 legge «Soffristi: in odio». Di più, questi riporta l’epigramma accompagnato da una importante nota esplicativa, trasmessagli dal Bianchini, che non par opportuno sottacere:
In buona sostanza, il Tommaseo aveva definito Giacomo «elegantemente disperato, prolissamente dolente, e dottamente annoiato di questa misera vita»: il che, non fosse il Tommaseo, o forse proprio per questo, non è privo di una certa qual perspicuità. Divagazioni a parte, il Flora prese come testo base l’autografo napoletano (AN XXIV, 5), che è privo di titolo e di data. L’epigramma pare senz’altro coevo e strettamente collegato all’articolo, poi rimasto a mezzo, Potenze intellettuali: Niccolò Tommaseo. Il rientro iniziale è leopardiano, e quindi ignorato a torto dalla fuorviante edizione Gavazzeni 2009, che nella fattispecie, nella sua spartana e lacunosa nota critica, nonché nello stesso testo, incappa in più d’uno svarione. Tanto più grave se si considera che la sezione è dovuta alle cure di Paola Italia, coordinatrice non certo felice dell’edizione, cui sono imputabili altri svarioni nelle altre sezioni a lei ascritte. Non vorrei ripetermi, ma ancora una volta il vero contributo dell’edizione è la riproduzione degli autografi, peraltro anch’essa non sempre impeccabile. Troppo poco per una pubblicazione edita sotto gli auspici dell’Accademia della Crusca, che costa la bellezza di 100 euro, e che troppo spesso segna un passo indietro rispetto a chi l’ha preceduta, dando ragione a chi l’ha accusata di autoreferenziarsi.
Metro: epigramma in forma di madrigale libero, composto di endecasillabi e settenari con schema aBCCDEefghIhg. Otto versi su tredici sono in rima, ma quasi tutte le parole non rimate allitterano o assonano o consuonano fra loro o con le rime: sempre, scettro, scempi, scelto; posposto rimanda a peste. Da notare la studiata climax, che si conclude con un classico aprosdoketon, ove la rima Giudeo:Tommaseo non par dovuta alla sola opportunità metrica.
Illustrazione - Nicolò Tommaseo, quale appare a latere del frontespizio de Il primo esilio di Nicolò Tommaseo, 1834-1839, Lettere di lui a Cesare Cantù, edite e illustrate da Ettore Verga, Milano, tip. ed. L. F. Cogliati, 1904. Lo sguardo spocchioso, saccente e sarcastico è indubbiamente confacente a rivistelle tipo «Stop», «Gente» e consimili amenità editoriali, ma considerato che anche grandi testate hanno imparato l’uso del mal vezzo, spero trovar pietà, nonché perdono.
[EPIGRAMMA]
1 — È vero che son solo tredici versi, ma si ricordi che il testo del Cugnoni è copia di una copia (Ferraioli) di una copia (Beatrice-Bianchini). Poiché le trascrizioni del Ferraioli e del Beatrice non ci son giunte, è impossibile sapere a chi sia dovuta l’innovazione. 2 — Si noti la data, che fa pensare a un dono natalizio. 3— Cfr. Paralipomeni, III, 31, 3-6: «Nulla far di gran cose età di scempi / Apprese da quel dì che il nostro marte / Costantin, pari ai più nefandi esempi, / Donò col nostro scettro ad altra parte» ove è per inciso da notare la bontà della proposta della Perona Alessandrone di intendere «età di scempi» (sogg. di «apprese») come età di distruzioni, in quanto nel nostro epigramma «scempi» ricorre nel medesimo senso. 4— Più che opportuno il rimando del Rigoni ai Paralipomeni, I, 30, 5-8 ove si ritrova la stessa immagine del Giudeo anteposto «all’italico onor». Forse v’è anche allusione al giornale parigino. 5— Cioè il colera, che di lì a poco avrebbe imperversato anche a Napoli. 6— Nell’autografo nome e cognome sono fortemente disallineati fra loro, quasi siano stati scritti in un momento diverso (comunque in un arco cronologico ristrettissimo, data l’identità dell’inchiostro e la compresenza di nome e cognome nella copia). Se ciò fosse vero, non necessariamente il cognome sarebbe stato aggiunto al nome: potrebbe giustificarsi meglio il contrario. |
© 08-02/2010—> 12.12.2013