Epidermica osservazione sul titolo: Poesie varie, come già nel Flora, e non Disperse, come nella recente, sfortunata e sbalestrata edizione a cura del Gavazzeni, con un titolo, di vaga ascendenza petrarchesca (nessuno ricorda Angelo Solerti?), che par meno pertinente, e ispirato forse a logiche di mercato: ‘disperse’, queste poesie, avrebbero bensì potuto chiamarsi prima del Flora, che se un merito ha avuto (e certo la sua acribia filologica a volte lasciava a desiderare), è stato proprio quello di riunire in pochi agili volumi, con sobrie ma esaurienti note, la quasi totalità del corpus leopardiano. D’altro canto mi sembra che, dopo il Flora, i redattori degli opera omnia leopardiani, più o meno completi, si sian comunque mossi sulla sua lunghezza d’onda, e, pur variando in qualcosa il contenuto, Binni-Ghidetti, il Rigoni, il Felici han mantenuto il titolo della sezione. Titolo che non è certo leopardiano, per cui non è illegittimo mutarlo. D’altronde basta capirsi: dispersi, questi componimenti lo sono rispetto al tempo e al luogo, chi a Recanati, chi a Como, chi a Napoli ecc., e d’altronde è sorte che condividono con tutta la produzione leopardiana, Canti compresi, a meno di non voler dare a questi ultimi una connotazione statica che ne tradirebbe l’intima natura, mai definitiva, per usare un vocabolo così di moda oggi, in campo informatico e non, salvo poi esser regolarmente smentito nella prassi. L’edizione del Gavazzeni, eseguita col contributo della Crusca, appare nata con l’ambizione di colmare un vuoto che – mi si perdoni il luogo comune – agli albori del terzo millennio era più che mai assordante. È vero che negli ultimi anni era stato tutto un fiorire di interessi su queste poesie “minori”, di cui mi limiterò a citare, a memoria, le edizioni critiche della Posfortunato e della Delcò-Toschini dell’Appressamento, le ristampe anastatiche e le riproduzioni degli autografi, quali quella dei Versi del 1826 per le cure del Giovannuzzi; l’interesse vario per I nuovi credenti (Berardi, Damiani, Luzi ecc.), nonché studi su opere quasi ignorate dalla critica, come è il caso dei Sonetti di ser Pecora, splendidamente illustrati dal Marti (ed anche il sottoscritto, nella sua fugace apparizione in rete dal 1998 al 2002, ne segnalava l’immeritata inadeguatezza filologica). E tanto altro che, sul momento, non so o non ricordo. Ma una edizione critica abbastanza completa di queste liriche mancava. Purtroppo non si può affermare che l’edizione Gavazzeni sia riuscita nel suo intento. Il vero contributo che essa offre, per altro “salato”, è la la presenza del DVD con riproduzione pressoché totale di stampe e manoscritti originali, che costituisce il classico optional di cui ci si domanda come se ne sia potuto fare a meno in precedenza (1). Ma se alcuni testi appaiono qua e là corretti, se in qualche caso vengono evidenziati alcuni errori delle precedenti edizioni, nuovi e non infrequenti ne vengono introdotti, e più d’un appunto va fatto alle singole edizioni: le cosiddette «Storie del testo» sono spesso lacunose e imprecise, alcune direttive editoriali non sono condivisibili, altre sono completamente sballate, manca collaborazione e i collaboratori, per lo più dottorandi, in una materia come la filologia che non si improvvisa, appaiono essere i classici dilettanti allo sbaraglio, con qualche svarione degno delle peggiori approssimazioni internettiane. D’altro canto la stessa coordinatrice, Paola Italia, che è viceversa studiosa collaudata e che ci regala comunque una bella introduzione alle Varie, all’atto pratico presenta soluzioni sintetiche e eleganti, ma fra le più corrive e scorrette dell’edizione. Su tutto ciò, nel dettaglio, ai singoli luoghi. In ogni caso, a fronte del dilettantismo dell’edizione, che troppo spesso si riduce a un’esercitazione scolastica di livello ineffabile, si deve ancora ricorrerre ai contributi precedenti, non esclusi quelli ottocenteschi del Cugnoni, del Piergili, dell’Antona-Traversi ecc. L’idea base della presente edizione elettronica era quella di porre in rilievo la generale inadeguatezza delle nostre solite edizioni cartacee, per quanto riguarda le Varie. Procedendo con il lavoro concreto, ho dovuto in parte rivedere i miei scopi, che rimangono comunque quelli di presentare il testo di tutte le Poesie varie, con un’attenzione particolare alla sua accuratezza e alla storia della tradizione; ma non ignorando qualche glossa che possa agevolare il lettore non specialista nella comprensione dei versi meno immediati del grande Recanatese. Più che altro, a parte la cura del testo, la mia attenzione si è rivolta al piano linguistico (v. il Glossario dei Sonetti in persona di ser pecora) e/o a quello storico (vedi la mia ricostruzione dei Nuovi credenti). Raramente invece a quello puramente estetico, per il quale rimando a chi, in materia, è più competente.
1 - A correggere lo stereotipo valga lo stesso Leopardi (Zib. 4199: «ridicolo problema che noi ci facciamo: come potevano mai vivere gli uomini in quello stato; come si poteva mai vivere avanti la tale o la tal altra invenzione. (Bologna. 10. Settembre. Domenica. 1826.)». |
Copertina della suggestiva edizione dell’Appressamento della morte a cura di Vincenzo Guarracino (Book Editore 1998), con riproduzione del manoscritto originale a fronte. Se ne segnala la bella introduzione critico-storica e le non parche note, molto attente ai precedenti formali. |
© 25-04/2010—> 21.06.2018