MADRIGALE.

[1828-1833]

 

Nota testuale – Prima pubblicazione negli Scritti vari 1906, p. 16, venne ripubblicato nel 1931 dal Moroncini (Opere minori, I, p. LXVII s., p. 311 ss.), che datava il madrigale non prima del 1828, e, preferibilmente 1831. In effetti le due redazioni, di cui la seconda sembra definitiva, si ritrovano, in una sola facciata, nel “verso” della schedula dello Scherzo, che è datato in calce dal Leopardi Pisa 15 febbraio 1828. Ma elementi risolutivi per definire con sicurezza la seconda data non par ch’esistano: la grafia potrà essere un indizio post quem (1), lo stile è senz’altro quello di un Leopardi maturo, ma il dato biografico è più presunto che dimostrato. A dire il vero, di puro istinto, anch’io avevo pensato a una data non lontana dal 1830, e ancor prima di controllare il Ghidetti e poi lo stesso Moroncini, ho avuto anch’io il flash, per così dire, della Fanny. Ma la galanteria un po’ convenzionale del componimento non disdirebbe, anzi, forse s’adatterebbe meglio a Charlotte Bonaparte, la quale, fin quasi dal primo incontro col poeta, avvenuto il 14 giugno 1831 (come si desume da una lettera di Giacomo alla sorella Paolina scritta in quella data), dimostrò una certa qual indole ad alimentare il ricordo dell’amico con qualcosa di tangibilmente concreto (2). E a questa “corporeità” del ricordo rimanda anche la «lettre bien nécessaire» che Charlotte scrisse al conte il 22 marzo 1833 da Londra, cui il madrigale sembrerebbe quasi rispondere:

 

«Monsieur le Comte. J’ai appris de vos nouvelles avec plaisir, et je veux profiter de la bonne occasion qui se présente, pour me rappeler à Votre souvenir (et je crois ma lettre bien nécessaire, ce qui me peine, car celui que je vous conserve, est bien vif), et vous dire combien j’ai regretté de n’avoir pu vous voir avant mon départ de Florence, pour vous demander de me donner quelques fois de vos nouvelles».

 

cui la stessa risposta epistolare del Leopardi  (Firenze, 17 maggio 1833) sembra aver in comune, anzi ne accentua, la consonanza col madrigale:

 

«je vous fais les remercimens les plus sinceres et les plus vifs du souvenir que Vous avez la bonté de me conserver. Il est vrai que Vous n’êtes pas bonne quand Vous dites que Vous croyez votre lettre necessaire a vous rappeller à ma memoire. Non, Madame, malgré mon silence, qui jusqu’à présent a été justifié de la crainte de vous être importun, je n’ai pas merité le reproche que Vous m’adressez».(3)

 

Ovviamente è solo un ipotesi, e mi approprio senz’altro di tutte le analoghe cautele che il Moroncini apponeva alla sua diversa interpretazione. Come che sia, l’autografo è fra le carte napoletane (AN X, 5, 2), con due redazioni, di cui la prima pare d’appoggio alla seconda. Ciononostante, sebbene la seconda redazione sia indubbiamente più riuscita, nel manoscritto essa non ha maggior dignità se non quella di venire dopo, e confondere la prima in apparato (Moroncini) o nello spazio della cosiddetta varia lectio (Paola Italia nella Gavazzeni, con mix improprio con la varia lectio effettiva) è operazione la cui scelta non è condivisibile, per cui preferisco  tornare al buon senso degli Scritti vari e ricorrere a una soluzione prettamente diplomatico-interpretativa, rendendo l’inchiostro più nero e più marcato dell’autografo, che interessa anche le varianti, con un diverso stile tipografico (grassetto), agevolato dal fatto che il testo non presenta alcuna correzione. Le tre sezioni sono divise da due linee orizzontali. Va da sé che – superfluo dirlo ma è meglio esser chiari – questa struttura compositiva e l’inchiostro coevo fan sì che le varianti, alternative, si riferiscano alla seconda versione e non alla prima. Il Flora, e le edizioni a lui risalenti (ma era errore già negli Scritti vari), presentano a II, 5 un errore di punteggiatura («sembiante:» invece del corretto «sembiante.»).

 

Metro – Madrigale, con schema ABBcddeE (< – AbcBdeE).

 

Madrigale

Chiedi cosa da me che rimembranza

Di me talor nell’animo ti desti.

Dar ti potessi io cosa

Pari a quella che in cor tu mi ponesti:

Da te, donna, per certo

La ricordanza mia,

Se non per morte, non si partiria.


Chiedi cosa da me che nel pensiero

Di me talvolta il rimembrar ti desti.

A quella che nel cor tu mi ponesti

Dare a te potess’io

Cosa pari o sembiante.

Già da te per l’avante

La ricordanza mia,

Se non per morte, non si partiria.


Dar ti potess’io pari o somigliante.

Da te di quindi innante.

Già da te d’ora innante.

 

 

 

1 – «Ciò si rileva dal v. 2, ove la preposizione articolata “nell’animo” è scritta con gli elementi uniti in una sola parola» (Moroncini, op. cit., LXVII, n. 2). Vale a dire stilema dell’ultimo Leopardi.

2 – Per esempio con un hommage a lei dedicato nel suo Album, ove Leopardi, il due luglio (cfr. altra lettera a Paolina in questa stessa data) scrisse: « «Madame la Princesse, j’aurais voulu vous le dire en grec, mais puisque cela n’est permis qu’à condition de me traduire ensuite il vaut mieux vous dire tout simplement en français que vous êtes faite pour charmer les esprits et les cœurs. J. Leopardi». Cfr. Giovanni Mestica, Studi leopardiani, Firenze, Successori Le Monnier, 1901, p. 120-122, note a p. 183 (ove la nota 66 va rettificata in quanto l’album si trova ora presso il Museo Napoleonico di Roma; cfr. Raffaele Urraro, Giacomo Leopardi, le donne, gli amori, Firenze, L.S. Olschki, 2008, p. 295).

3 – È la lettera n. 1860 nell’ed. Brioschi-Landi, ritrovata ai primi degli anni ’90 ed ora nel Centro Studi di Recanati. Gli errori di grafia sono nel testo, ma se in quello dei curatori o nell’autografo non potrei dire, anche se sappiamo per certo che la grafia francese del Leopardi non era impeccabile.

 


 

 

© 27-04/2010 —> 03.08.2011