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Bibliografia specifica

Le correzioni autografe alla Notizia

 

Il testo proposto, anzi riproposto tal quale l’avevo pubblicato sul web nel 1998, contro la prassi generalizzata del Novecento (Flora, Solmi, Binni-Ghidetti, D. De Robertis, Rigoni) privilegia non il puro dettato della Starita 1835, ma quello della copia di scarto, con le correzioni posteriori di mano del Ranieri, che Giovanni Mestica datava, more suo solito corrivamente, anteriore al 2 marzo 1837 (Mestica 1899, II, p. 387, 436). In effetti, fallita la pubblicazione delle Opere presso Starita per la nota opposizione della censura borbonica, l’ostinato Leopardi non rinunciò all’idea di una pubblicazione completa dei suoi scritti, e il 22 dicembre 1836, ne scriveva al De Sinner: «Credete Voi che mandando costì [sc. a Parigi] un esemplare delle mie o poesie o prose, con molte correzioni ed aggiunte inedite, ovvero un libro del tutto inedito, si troverebbe un libraio (come Baudry o altri) che senza alcun mio compenso pecuniario ne desse un’edizione a suo conto?» (Brioschi-Landi 1998, II, p. 2086). Al che il Sinner rispondeva il 27 gennaio dell’anno successivo (ibid. p. 2089) in maniera promettente, ma chiedendo alcune delucidazioni e precisazioni sulle opere da pubblicarsi, cui Leopardi, il suddetto 2 marzo, così rispondeva :

«Je ferai à mes Operette morali les additions que je promets dans la Notice qui les precede dans l’édition de Naples. Elles consistent en trois Opuscules d’une étendue assez considerable. On peut voir leurs titres dans la Notice que j’ai citée.

J’ajouterai aussi à mes poésies des morceaux inédits» (ibid., p.2093).

Premesso che ho tralasciato il seguito, che qui non rileva, su traduzioni e Pensieri, a scanso di equivoci la «Notice» di cui si parla è la Notizia premessa al primo volume napoletano delle Operette, che presenta analoghi ma minori problemi critici di quella in oggetto, che è invece premessa ai Canti. Ad ogni modo ne risulta che il poeta avesse chiare le aggiunte da farsi a entrambe le opere, e che dette aggiunte corrispondano alle due rispettive prefazioni e alle loro correzioni, particolarmente quella dei Canti, ove è facile ritrovare nei «Canti XXXIII e XXXIV», ovvero Tramonto della luna e Ginestra, i «morceaux inédits» cui il Poeta accenna. Da ciò a dire «Le correzioni alle Prefazioni per la preparata edizione parigina, sulla quale l’Autore ragionava al De Sinner nella lettera 2 marzo 1837, si può tenere per certo che prima di quel giorno erano già eseguite» (Mestica cit, p. 436) ce ne corre, in quanto una lettura attenta della coeva corrispondenza con lo studioso svizzero farebbe piuttosto propendere a posticipare le correzioni a dopo il ricevimento della lettera del Sinner datata 1 maggio 1837 (Brioschi-Landi 1998, II, p.2100 ss.), ove finalmente De Sinner formula una proposta dettagliata, passibile di qualche variabile ma in sostanza abbastanza definita, e condizionata alla sola accettazione del formato del volume (unico e non diviso come il Poeta progettava) contenente l’impegno informale del Baudry a portare avanti la stampa in Parigi. Vero è che Leopardi non rispose a quest’ultima, ma il Sinner era allora a Berna, e si aspettava una risposta dell’amico ai primi di luglio, quando fosse tornato in Parigi. Risposta che per ovvi motivi non arrivò mai, ma arrivò invece, datata 28 giugno, la lettera (Piergili 1862, p. 267 ss.) in cui Ranieri comunicava il decesso dell’amico. Si tratta di una lettera importante in quanto ci attesterebbe che Giacomo era ormai deciso a mandare avanti la pubblicazione parigina («poco prima di morire ragionava meco tranquillamente della edizione, che il Baudry si propone costì di dare delle sue opere»), e che per quanto riguardava i Canti il lavoro preparatorio era veramente concluso, come si evince ancor più dalla sua lettera successiva, datata 2 settembre (ibid. p. 269 ss.):

«l’autore ha preparato da se, com’io già le scrissi, i Canti e parte delle prose, ed a noi non parmi che possa esser lecito di porci le mani ; inoltre egli mutava sempre per non lievi cagioni ; e mi diceva di queste ultime correzioni preparate per il Baudry, che veramente (come si dice in Firenze) gli finivano, cioè fermamente e ultimamente gli piacevano; e che non voleva mai più ritornarci sopra».

Che il Ranieri non sia sempre del tutto attendibile è risaputo, e quel «poco prima di morire» è forse una delle sue solite esagerazioni, ma la ricostruzione più ovvia mi farebbe ritenere che Leopardi, ricevuta l’ultima del Sinner verso la fine della prima decade di maggio, avesse in sostanza accettato le condizioni del Baudry, e avesse posto mano allora all’aggiornamento delle due prefazioni: ché in effetti non aveva senso farlo prima, quando l’edizione parigina era ancora incerta. Quindi, diversamente dal Mestica, le daterei grosso modo dalla fine della prima decade di maggio in poi.

 

Mi scuso per la lunga digressione, ma era necessaria per chiarire la storia di questa prefazione, anche perché volevo colmare alcune lacune in cui per eccesso di formalismo è incappata la recente ediz. critica del Gavazzeni (curatrice della sezione Paola Italia), che riporta il mio stesso testo, ma in maniera non del tutto impeccabile, e con alcune gravi omissioni, in quanto non tien conto di quel che il buon Mestica, corrivo sì ma tutt’altro che superficiale e incompetente, aveva scritto (l. c., p. 434):

«All’uno e all’altro volume [cioè i due voll. della Starita] va innanzi una breve Prefazione, rispettive, ai Canti la prima, alle Operette morali la seconda; le quali egli nel preparare un’edizione ulteriore corresse e ampliò in un esemplare di quei due volumi. Le due Prefazioni corrette, io le vidi e trascrissi, sono ormai diciott’anni, sugli Originali che avevano servito all’edizione fiorentina delle Opere approvate, fatta nel 1845, e che, nel 1881 il Le Monnier, per mio mezzo, mandò in dono al Municipio di Recanati. Recentemente le ho vedute in un altro esemplare a stampa [ovv. la Starita “corretta”] anche tra le carte leopardiane napoletane. Cosi quelle appartenenti agli Originali, oggidì recanatesi, come queste altre, portano le correzioni per mano del Ranieri, eseguito certamente sotto la dettatura del Leopardi stesso. Il Ranieri, non si sa perchè, omise d’inserire tali Prefazioni nell’ edizione fiorentina del 1845»

Rispondere all’ultimo perché non è impossibile: Ranieri, nell’ed. 1845, preferì sostituire le due prefazioni con un’unica prefazione di suo pugno (= Avviso, pp. V-VI), motivato dal fatto che mentre nella Starita Canti e prima metà delle Operette apparivano in volumi separati, nel 1845 si ritrovavano in un volume unico. Va detto che in ciò tradiva la volontà del sodale (l'ed. Baudry per cui le due notizie erano state aggiornate, sarebbe anch’essa risultata in un unico volume), ma mentre un Leopardi vivo avrebbe presupposto analoghe prefazioni agli inediti Pensieri e ai volgarizzamenti stampati nel secondo volume Le Monnier, ciò non essendo più possibile l’edizione ne sarebbe uscita disforme. Quanto alla differenza di stile e di gusto non è nostro compito commentarla. Più rilevante, seguendo il Mestica, è notare che del nostro testo esiste un’altra copia autografa in Recanati, copia sicuramente descripta, ma che non può assolutamente essere passata sotto silenzio in un’edizione critica quale la Gavazzeni aspira ad essere. Né si doveva eludere la domanda fondamentale: le correzioni sono parto del Ranieri aspirante editore del deceduto amico o sono effettivamente farina del Leopardi? Gli opera omnia dei vari Binni, Flora ecc., col loro tacito acquietarsi alla prima Starita, e l’omissione totale delle correzioni, di fatto sembrerebbero ritenerle spurie. Di sicuro lo stile, sobrio e nitido, e così diverso dall’Avviso della Le Monnier 1845, che sappiamo per certo essere del Ranieri (cfr. lett. di Ran. al Monnier del 13 agosto 1844, in N. Serban, Lettres inédites relatives a G. L., Paris, Honorè Champion editeur, 1913, p. 79), gioca a favore dell’attribuzione leopardiana. Nonché un certo tipo di correzioni («i primi due sono» che diventa, con inversione, «i due primi erano») che è difficile immaginare d’altri che dell’autore. Si noti anche la variatio eufonica «stampati», «istampati», a seconda che preceda vocale o consonante: ritroviamo due volte la ‘i’ prostetica dopo nasale nelle Operette: «con istampe» nel Dialogo della moda e della morte; «in istampa» ne La scommessa di Prometeo (ma era uso non alieno al Ranieri). E naturalmente la già rilevata corrispondenza degli elementi storici in nostro possesso.

Ulteriore appunto che va fatto alla recente edizione della Crusca è che essa parla di sole correzioni ranieriane. In realtà i numeri di pagina aggiunti (5 e 6) sono con ottima probabilità di mano di Giacomo, nonché la correzione dell’errore tipografico «d’I|talia» con «d’I-|talia» (prima riga di pagina 6: si confronti l’autografo del Risorgimento al v. 2 per trovare un’altra "I" maiuscola praticamente uguale, e se ne potrebbero trovare passim).Tali correzioni sono sicuramentemente anteriori a quelle ranieriane (ma posteriori alla definitiva edizione 1835, perché ivi non accolte). Infine una svista, peraltro corretta in apparato, è, a testo, l’ultimo «canti», che Ranieri scrive maiuscolo.

 

In conclusione a ciascuno il suo: per quel che ne so sembrerebbe il Mestica il primo ad aver dato alle stampe la Notizia “corretta“. Ripubblicata almeno dallo Scherillo e da Giuseppe De Robertis, essa è stata pressoché ignorata da tutti gli editori novecenteschi (il Moroncini, nel suo Discorso proemiale ai Canti, p. LVI, ne cita solo l’ultima «chiamata», vale a dire da «In questa parigina ecc.»). Riporto di seguito, in maniera non ortodossa ma indubbiamente meno criptica della consuetudine filologica, il testo della Notizia nella sua evoluzione, dal suo attualizzarsi nell’estate del 1835 (Mestica, e qui possiamo credergli) alla versione “definitiva”. Evidenzio in corsivo e fra parentesi quadre le lezz. cassate, in neretto le innovazioni; con doppia quadra un mio commento:

I due primi furono pubblicati in Roma nel 1818, con una lettera a Vincenzo Monti. Il terzo, con una lettera al conte Leonardo Trissino, nel 1820 in Bologna. Dieci Canti, cioè i nove primi e il diciottesimo, in Bologna nel 1824, con ampie Annotazioni, e copia d’esempi antichi, in difesa di voci e maniere dei medesimi Canti accusate di novità. Altri Canti pure in Bologna nel 1826: i quali coi sopraddetti dieci, e con altri nuovi, in tutto ventitre, furono dati [ultimamente] susseguentemente dall’autore in Firenze nel 1831. Diverse ristampe di questi Canti, o tutti o parte, fatte dalle edizioni di Bologna o dalla fiorentina, in diverse città d’Italia, essendo state senza concorso dell’autore, non hanno nulla di proprio. [Nella presente sono aggiunti undici componimenti non più stampati,] Undici componimenti non più stampati furono aggiunti nell’edizione di Napoli del 1835, e gli altri riveduti dall’autore e ritocchi in più e più luoghi. Dei Frammenti, i [primi due sono] due primi erano già divulgati, gli altri non ancora. Le poche note poste appiè del volume, [sono] furono cavate quasi tutte dalle edizioni precedenti. In questa parigina sono aggiunti per la prima volta i Canti XXXIII e XXXIV, finora non istampati. [[ove «per la prima volta i Canti» è soprascritto a un barrato «i componimenti», forse per evitare la ripetizione]]

 

 

Bibliografia specifica

 

Piergili 1892
Nuovi documenti intorno agli scritti e alla vita di G. L., raccolti e pubblicati da Giuseppe Piergili, Firenze, Successori le Monnier. 1892 (3a ed.).
Mestica 1899
Giovanni Mestica, Scritti letterari di G. L., v. II, Firenze, Le Monnier, 1899
Serban 1913 N. Serban, Lettres inédites relatives a G. L., Paris, Honorè Champion editeur, 1913
Brioschi-Landi 1998
G. L., Epistolario, 2 voll., a cura di F. Brioschi e P. Landi, Bollati Boringhieri, Torino, 1998.
 

 

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