A Giacomo Leopardi

Saverio Baldacchini (Barletta 1800 – Napoli 1879), letterato di non infime qualità, ma di mediocre vena poetica, è famoso, in ambito leopardiano, per essere identificato, quasi unanimemente, come uno degli spiritualisti “napoletani” irrisi nella satira I nuovi credenti, in particolare per quanto scritto nel suo poemetto, Claudio Vannini, e per gli articoli sul «Progresso» che velatamente avrebbero criticato la poetica e anzi lo stesso modo di vivere di Giacomo. Ho già esposto in uno studio apposito sulla satira, che può leggersi distesamente nel mio sito, le ragioni per cui questa tesi lascia adito a varie perplessità, e che, almeno da questo lato, il letterato barlettano andrebbe in parte scagionato. Quindi non leggerò il sonetto seguente come una sorta di palinodia del Baldacchini maturo, nei confronti di un poeta che egli avrebbe offeso in gioventù, né lo leggerò come un esempio «sgangherato» di poetica dell’Ottocento, come è parso a qualche critico moderno, forse troppo amante di Leopardi per rifuggire da antipatie che potrebbero ostacolare un giudizio spassionato e imparziale. Certo non è un capolavoro, e va visto in quella sorta di recupero leopardiano, da parte del pensiero cattolico, di cui anche tempi recenti hanno elargito esempi discutibili. Va pure notato il valore che il buon Saverio attribuiva alla poesia, che quando è tale, si eleva sopra le invidie e le maldicenze dei mortali, e invita comunque «a egregie cose», nel suo altero disdegno. Discorso, se vogliamo, trito e ritrito, ma che non mi fa rimpiangere di aver apposto l’ultima terzina a epigrafe del mio studio su I nuovi credenti: non saranno versi eccelsi, ed hanno certo in sé qualcosa di manieristico, ma qualche vibrazione, al sottoscritto, la trasmettono. Non in solo Leopardo vivit homo.

Testo tratto da Saverio Baldacchini, Polinnia, Napoli, Stamperia del Fibreno, 1859, p. 51. Il titolo originale, «UN POETA», verrà precisato in una successiva e più elegante versione (Nuovi canti e traduzioni, Napoli, Ghio, 1869, p. 84), le cui belle varianti riporto in calce. Avvertenza formale: nella versione 1869, gli in-dentro verranno sostituiti dagli in-fuori.

 

 

UN POETA

 

Tristi ipocriti, e che? gridare osate
Empio, empi voi, chi con amor da l’ime
Valli si aderge, ove in lui tanta imprime
Orma d’alto splendor l’achea beltate?

 

E Dio niegar porìa chi di beate
Consonanze orna le sue dolci rime?
Chi di sdegno divampa e di sublime
Ira contro gli umani orgogli, a la viltate?

 

Empio, chi i vizi abborre, e di nostr’arte
Tocca i fastigi? È col poeta Iddio:
Da chi’l bestemmia o niega Ei lo diparte.

 

Il poeta è di Dio: con la parola,
Col pensiero infiammato e col disio
Chiede il ver dolorando, ed al ciel vola!




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Titolo

v. 8

v. 12

UN POETA] A GIACOMO LEOPARDI

Ira contro gli umani orgogli, a la viltate?] Ira contro l’italica viltate?

Il poeta è di Dio:] Si estimi empio, che val?

 

 

© 11-06/2010—> 28.06.2019

Angelo “quixote” Fregnani