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CRITERI GENERALI

 

Costola della Starita anastaticaQuesto lavoro nasce innanzitutto come un atto d’amore verso il grandissimo e sfortunatissimo poeta di Recanati. Il primo superlativo giustifica l’atto, il secondo dà ragione dei criteri adottati, che vorrebbero riparare, tardivamente, alle ingiustizie del destino, fornendo in formato elettronico, a duecento anni esatti dalla nascita di Giacomo, quell’edizione parigina, presso il libraio Baudry, che egli intraprese, ma non poté portare a termine.

Il testo di riferimento è quindi l’edizione Starita del 1835, con le correzioni e le aggiunte autografe dell’Autore, eseguite su una copia di scarto della medesima (ne esiste una pregevole riproduzione del 1976). Essa edizione costituisce d’altronde la base per la “fissazione” del testo secondo la volontà ultima del Poeta, beninteso tenendo conto degli autografi suoi e del Ranieri, e, naturalmente, usufruendo dell’indispensabile supporto della classica edizione del Moroncini e di quelle, più recenti, del Peruzzi e del Robertis (cfr. Bibliografia e, per ulteriori notizie sui lavori citati, fare clic sull’illustrazione a fianco, con l’avvertenza di far scorrere il testo).

Non inganni quindi la veste “diplomatica”: il testo che qui si offre, col corredo della notizia introduttiva e delle note di fine volume della Starita corretta, è comunque un vero e proprio testo critico, anche se, quanto alla storia umana del Nostro, ha la pretesa di presentarsi come edizione “virtuale”. Perché l’edizione Baudry non rimase sulla carta: in quanto testo “pensato” e “meditato”, anche se mai prima d’ora effettivamente pubblicato, o, per meglio dire, reificato nella sua forma genuina, essa è confluita in tutte le maggiori e minori edizioni tradizionali. Non nego che la “virtualità” della mia edizione possa apparire arbitraria. Ma invito chi voglia criticarne la liceità a confrontarsi prima con l’inquietante interrogativo dell’incommensurabile Celibidache: Dove si trova realmente la Quinta di Beethoven? Se la risposta, come io credo, va ricercata in ben altro abisso che la carta della partitura, non sarà poi così facile negare che il testo qui presentato, quale che ne sia il discutibilissimo valore, sia il più vicino in assoluto a quello che Leopardi, da ultimo, intendeva dare alle stampe. Naturalmente i Canti si possono tranquillamente leggere senza prefazione e note finali, così come Il Nome della Rosa può fare a meno delle Postille. Ma chi è quel lettore non superficiale che può esimersi da queste o da quelle?

 

Non dubito che, malgrado i ripetuti controlli, qua e là qualche errore sarà rimasto: sarò grato a chi vorrà segnalare dove la mia povera scienza non è giunta. Per altri limiti e caratteri della presente edizione si vedano le mie Note al testo.

 

Illustrazione: Costola della riproduzione in facsimile del 1976 dell’edizione Starita del 1835 (voll. I e II).

 

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©15-01/1998 —> 05.11.2010