Lungi da noi prendercela con Wikipedia, di cui facciamo costantemente uso, e nemmeno, come ipocriti accademici, omettiamo di citarla: impagabili, a tacer d’altro, le voci su Gamba, Acerbi, Vannucci, ecc. ecc., che mi hanno risparmiato tediose ricerche – e tempo prezioso – in biblioteca. Certo però che se t’interessi ad Antonio Ranieri, be’, devi contentarti. Se poi cerchi Giacomo Leopardi, allora decisamente devi cambiar canale. Di fatto ogni fonte ha il suo grado di attendibilità. Sta alla intelligenza del lettore capire quando è autorevole e quando non lo è…
Nondimeno questo sito è dedicato a Giacomo Leopardi; e non possiamo non stigmatizzare l’assurda didascalia del ritratto di *A. Ferrazzi, 1820, quando è arcinoto che l’unico ritratto, vivente il poeta, conosciuto nell’800, è quello di Luigi Lolli del’26 (e conseguente incisione del Guadagnini); cui si sarebbe aggiunto, a fine ’900, quello di Biagio Martini, qui riprodotto, grosso modo coevo, o di poco precedente. Sappiamo anche che esisteva un ritrattino di Giacomo fanciullo, non conservato, ma naturalmente nulla a che vedere col 1820. Esiste poi il “ritratto impossibile” di Elisabetta Sirani, ove i bolognesi, a metà dell’800 riconoscevano il poeta, e che oggi decora anche la copertina del mio Appunti leopardiani. Ma è altra storia, descritta suggestivamente da Renato Minore.
Venendo a noi, il ritratto di Wiki sembra invece datato 1897, cioè sessant’anni dopo la morte di Giacomo. Stanislao Ferrazzi (Castel Madama 1860 - Roma 1937) era propriamente uno scultore, e passò alcuni anni a Recanati, commissionato dai parenti del poeta, verso fine secolo. Era con lui anche il figlio Ferruccio (Roma 1891- ivi 1978), in seguito noto pittore che, molti anno dopo, quasi ad anticipare la geniale rivisitazione sepolcrale di Magritte delle Majas al balcone di Goya e de Il balcone di Manet, fece a sua volta un ritratto di Leopardi, ma di un Leopardi ben adulto, quasi a sottolineare il tempo trascorso.
Non so però quanto ciò sia fondato; di fatto i ritratti attribuiti a Ferruccio mi sembrano gli stessi che oggi ornano il Museo Colloredo Mels, erede delle carte comunali di Recanati, e però attribuiti a Giovanni Gallucci. Questi era nato nel 1815, pare il primo dicembre, e morto dopo il 1883. I dipinti pervennero alla Leopardiana del Comune per lascito di Teresa Teja, e vanno comunque datati a un tempo anteriore alla morte di Carlo Leopardi (1878), fratello di Giacomo.
Non m’illudo, per ciò, di districare del tutto la questione; caso mai ne venissi a capo, riprenderò queste pagine. Per ora basti dire che l’allegra didascalia di Wikipedia è stata ripresa, con la sua datazione impossibile, da decine di siti, e non bastasse, persino su carta: ho infatti sottomano una recente edizione della bella biografia di Giacomo di Iris Origo, che riporta l’immagine in copertina, e l’assurda legenda A. Ferrazzi 1820, evidentemente copiata pari pari da Wiki, e che mi lascia assai perplesso sulla competenza dell’editore (fra l’altro gli errori di trascrizione si contano a bizzeffe, con chiara matrice OCR, es. Manetta per Marietta, sc. Antici): passi per la dilettantesca, e a volte bislacca, editoria internettiana, ma da quella tradizionale, specie quando si fregia col nome di leopardisti eccellenti, mi attenderei maggiore serietà. Ma che dire? anche nel classico lavoro della Bellucci, da noi menzionato altrove, le quattro immagini di copertina sono descritte in maniera impropria; ma perché invertite, non perché sballate!
Tornando a Wiki, però, devo registrare altre perle:
Pietro Giordani: «Giordani incoraggiò e favorì la conoscenza del recanatese negli ambienti culturali ed ebbero grande stima ed affetto l’uno per l’altro: Giacomo Leopardi lo definì cara e buona immagine paterna». Idem in voce Operette morali: «ll Giordani incoraggiò e favorì la conoscenza del recanatese presso gli ambienti culturali più importanti dell’epoca. Provava per il poeta grande stima ed affetto: Giacomo lo definì cara e buona immagine paterna». Cfr. Wapedia, lo stesso che supra, evidentemente non bastava. A me cara e buona immagine paterna rammenta solo il padre Dante. Ma non ho mai preteso di aver letto tutto Leopardi, per cui la citazione puntuale del luogo sarebbe opportuna; ammesso, e niente affatto concesso, esista.
Operette morali, a fianco delle precedenti: «Tra il ’22 e il ’23 il poeta trascrive in una pagina dello Zibaldone, indicata come progetti letterari un indice approssimativo di 17 operette. Molti dialoghi e novelle sono già presenti ma con un titolo provvisorio». In realtà la pagina non è affatto indicata come «progetti letterari», ma come «Disegni letterari» ed è espressione non leopardiana, risalente al Cugnoni 1880. Inoltre non è affatto nello Zibaldone, ma in schedine autografe (per la precisione AN = Autografi napoletani X, 12, 33).
Soprassediamo sull’improprietà del termine “novelle”, e su altro che attribuiscono al «glottologo», in fiduciosa attesa che l’introduzione della voce glottologia ci chiarisca l’insolita definizione…
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