Intro

CATULLO

carme LI

 

 

 

Presunto ritratto di Catullo, dalla villa Romana di Sirmione (personale elaborazione su particolare, tratto dagli splendidi Classici Latini UTET).

Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit

dulce ridentem: misero quod omnis
eripit sensus mihi; nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
<vocis in ore>

lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.

Otium, Catulle, tibi molestum est;
otio exultas nimiumque gestis.
Otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.

 

 

Traduzione del carme 51:

Quello sì a me sembra essere pari a un dio, anzi, se fosse lecito dirlo, è sopra gli dei quello, che seduto in fronte a te riesce a starsene tranquillo, a guardarti e ascoltarti, mentre tu sorridi dolce: invece a me, infelice, rapisci ogni sentimento. Ché, non appena ti vedo, Lesbia, non mi sopravvive un filo di voce. Ma s’intorpida la lingua, e una fiamma sottile mi scorre entro le membra, le orecchie dentro mi ronzano cupe, e la notte ricopre geminata i miei lumi.

L’oziare, Catullo, è la tua rovina; nell’oziare troppo ti esalti e ti ecciti. L’ozio ha distrutto anche re e città un tempo felici.

Del traduttore il tacere è bello.

 

 

 E noi tacciamo, tacciamo. Ma se interessasse un suo commento, lo si trova nell’ultimo paragrafo di quest’indirizzo: Ille mi impar esse deo videtur.

 

 

Intro

 

© 08-09-1998